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Friday, January 20, 2012

Gianni Rodari -Sbagliare le Storie...

L’effetto comico è ottenuto dal fatto che il lettore si aspetta una certa cosa e invece ne viene raccontata un’altra:  e allora si ride. Qui di seguito trovate i testi che i bambini più volenterosi mi hanno consegnato in bella. Li farò precedere sempre dall’esempio del maestro, Gianni Rodari.

                      A sbagliare le storie
- C’era una volta una bambina che si chiamava Cappuccetto Giallo.
- No, Rosso!
- Ah, sì, Cappuccetto Rosso. La sua mamma la chiamò e disse: Senti, Cappuccetto Verde …
- Ma no, Rosso!
- Ah, sì, Rosso. Va’ dalla zia Diomira a portarle questa buccia di patata.
- No: va dalla nonna a portarle questa focaccia.
- Va bene: La bambina andò nel bosco e incontrò una giraffa.
- Che confusione! Incontrò un lupo, non una giraffa.
- Il lupo le domandò: Quanto fa 6 x 8?
- Niente affatto. Il lupo le chiese: Dove vai?
- Hai ragione. E Cappuccetto Nero rispose …
- Era Cappuccetto Rosso, rosso, rosso!
- Sì, e rispose: Vado al mercato a comprare la salsa di pomodoro…
- Neanche per sogno: Vado dalla nonna che è malata, ma non so più la strada.
- Giusto. E il cavallo disse…
- Quale cavallo? Era un lupo.

- Sicuro. E disse così: prendi il tram numero 75, scendi in piazza del Duomo, gira a destra, troverai tre scalini e un soldo per terra, lascia stare i tre scalini, raccatta il soldo e compera di una gomma da masticare.
- Nonno, tu non sai proprio raccontare le storie, le sbagli tutte. Però la gomma da masticare me la comperi lo stesso.
- Va bene: ecco il soldo.
E il nonno tornò a leggere il suo giornale.
(G. Rodari)


Gianni Rodari - Il paese dei bugiardi


16

C'era una volta, là     
dalle parti di Chissà,
il paese dei bugiardi.
In quel paese nessuno
diceva la verità,
non chiamavano col suo nome
nemmeno la cicoria:
la bugia era obbligatoria.

Quando spuntava il sole
c'era subito una pronto
a dire: "Che bel tramonto!"
Di sera, se la luna
faceva più chiaro
di un faro,
si lagnava la gente:
"Ohibò, che notte bruna,
non ci si vede niente".

Se ridevi ti compativano:
"Poveraccio, peccato,
che gli sarà mai capitato
di male?"
Se piangevi: "Che tipo originale,
sempre allegro, sempre in festa.
Deve avere i milioni nella testa".
Chiamavano acqua il vino,
seggiola il tavolino
e tutte le parole
le rovesciavano per benino.
Fare diverso non era permesso,
ma c'erano tanto abituati
che si capivano lo stesso.

Un giorno in quel paese
capitò un povero ometto
che il codice dei bugiardi
non l'aveva mai letto,
e senza tanti riguardi
se ne andava intorno
chiamando giorno il giorno
e pera la pera,
e non diceva una parola
che non fosse vera.
Dall'oggi al domani
lo fecero pigliare
dall'acchiappacani
e chiudere al manicomio.
"E' matto da legare:
dice sempre la verità".
"Ma no, ma via, ma và ..."
"Parola d'onore:
è un caso interessante,
verranno da distante
cinquecento e un professore
per studiargli il cervello ..."
La strana malattia
fu descritta in trentatre puntate
sulla "Gazzetta della bugia".

Infine per contentare
la curiosità
popolare
l'Uomo-che-diceva-la-verità
fu esposto a pagamento
nel "giardino zoo-illogico"
(anche quel nome avevano rovesciato ...)
in una gabbia di cemento armato.

Figurarsi la ressa.
Ma questo non interessa.
Cosa più sbalorditiva,
la malattia si rivelò infettiva,
e un po' alla volta in tutta la città
si diffuse il bacillo
della verità.
Dottori, poliziotti, autorità
tentarono il possibile
per frenare l'epidemia.
Macché, niente da fare.
Dal più vecchio al più piccolino
la gente ormai diceva
pane al pane, vino al vino,
bianco al bianco, nero al nero:
liberò il prigioniero,
lo elesse presidente,
e chi non mi crede
non ha capito niente.

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